Castel Toblino e Biotopo del Lago di Toblino

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Castel Toblino e Biotopo del Lago di Toblino

Calavino

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Noto per le leggende romantiche e per le oziose vacanze della corte vescovile, Castel Toblino rappresenta un raro esempio in Trentino di fortificazione lacustre. Fu probabile castelliere preistorico, quindi romano, su un isolotto del lago, che, causa l’abbassamento delle acque, divenne penisola. Una lapide, importante per la sua rarità epigrafica (murata nel portico del castello) attesta che qui, nel III secolo, esisteva un tempietto dedicato al culto dei Fati (relativo alla tribù dei Tublinates?). Ben presto l’originaria funzione religiosa, venne sostituita da quella militare – strategica. Nel XIII secolo i Signori di Toblino vengono esautorati dai Signori di Campo, dell’omonimo castello giudicariese. In seguito, il castello fu incamerato dalla Chiesa di Trento (1459) e il cardinale Bernardo Clesio lo fece rifabbricare (1536 – 37) secondo il gusto proprio delle residenze castellane del Rinascimento: vi lavorarono anche alcuni fra gli artisti operanti nel Magno Palazzo del Castello del Buonconsiglio a Trento. Gli elementi cinquecenteschi predominanti sono dovuti alla successiva trasformazione (porticato e loggiato del cortile, archi a tutto sesto) voluta da Gian Gaudenzio Madruzzo. Dell’impostazione medievale s’individua la muratura a ponente (3 m. di spessore) e la torretta a nord – ovest dell’attuale perimetro. La torre cilindrica, quasi emblema del castello, si sviluppa per un’altezza di 20 metri, tanto da essere considerata un vero mastio, a rafforzamento del recinto che chiudeva la sommità dello scoglio fortificato. Nel 1703 subì la sfortunata sorte di tutti i castelli della Valle del Sarca posti lungo la direttrice delle truppe di Vendôme; nel 1848 fu caposaldo degli sfortunati Corpi Franchi; infine, per via di matrimoni, arrivò ai Wolkenstein. Lanciato turisticamente agli inizi di questo secolo, sfruttando il richiamo del Vino Santo e una leggenda di amori proibiti che vide protagonista l’ultimo erede dei Madruzzo, Carlo Emanuele, ha impressionato i viaggiatori d’ogni tempo. Descrissero tale atmosfera incantata personaggi della letteratura come Antonio Fogazzaro, Ada Negri, il poeta tedesco Scheffel.

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