Chiamata Hispellum dai romani che la fecero Municipio, pare che il nome derivi dal suo mitico fondatore, Ispeo Pelisio, uno dei compagni di Enea, perdutosi durante il viaggio. La Storia: 41 a. C., dopo la guerra con Antonio, Ottaviano Augusto si impadronisce di questa città che era antico centro umbro e ne fa la Colonia Iulia Hispellum: la Splendidissima Colonia Iulia, com’è chiamata in diverse iscrizioni, dotata di mura, terme, teatro e impianto urbanistico giunti sino a noi. 330 d. C. ca., il Rescritto di Costantino che concede alla città il diritto di celebrare i ludi religiosi per tutta l’Umbria, ne testimonia la posizione importante anche durante il basso Impero. 487, si ha la prima notizia sicura dell’esistenza di un vescovo a Spello, segno dell’avvenuta penetrazione del cristianesimo. 571, conquistata dai Longobardi, la città entra a far parte del Ducato di Spoleto. XII-XIII sec., Spello si dà un ordinamento comunale e si suddivide nei tre terzieri (quartieri) di Porta Chiusa, Mezota e Posterula; è retta da un podestà, amministrata dai priori e difesa da un piccolo esercito. 1238, Federico II distrugge la città, rimasta invischiata nella lotta tra Spoleto e Perugia, cioè tra la Chiesa e l’Impero. Il partito ghibellino prevale fino al 1358. 1358, il cardinale Albornoz recupera alla Chiesa il Ducato di Spoleto, e con esso Spello che entra nell’orbita dei Baglioni di Perugia, anche se il potere è conteso da altre signorie. 1484-1583, il Papa concede Spello in vicariato ai Baglioni di Perugia, che arricchiscono il borgo di capolavori del Rinascimento. 1829, nonostante il titolo di “città” concesso da Papa Leone XII, il ritorno alla Chiesa coincide con la decadenza di Spello. Spello è come un libro prezioso composto da tante pagine da sfogliare con calma e desiderio di bellezza. Partendo dalla parte meridionale (la zona di “Borgo”) per salire fino alla Porta dell’Arce (il “Belvedere”), si ripercorre visivamente la storia di un luogo in cui si respirano le antichissime presenze umbre, romane, medievali e rinascimentali. L’entrata per Porta Consolare era l’ingresso principale già al tempo dell’insediamento romano nella parte più a valle, in corrispondenza della strada che si stacca dalla Via Flaminia. La Porta si apre nella cerchia muraria augustea ed è a tre fornici e sormontata da tre statue di epoca repubblicana rinvenute nell’area dell’Anfiteatro. E’ affiancata da una Torre medievale sulla cui sommità campeggia una pianta di olivo, simbolo di pace e del più tipico prodotto locale, l’olio. La maestosa porta romana ci introduce nel popolare Terziere Porta Chiusa, uno dei tre quartieri (gli altri sono Mezota e Posterula) in cui dal medioevo è suddivisa Spello. Incassate nei vicoli stretti e fioriti si notano le case-torri, che utilizzano nelle murature la pietra calcarea rosa e bianca estratta dal vicino Monte Subasio. Percorrendo Via Consolare, all’imbocco con Via S. Angelo incontriamo la Cappella Tega, una piccola aula con volta a crociera affrescata, dove splende un’intensa Crocifissione di Niccolò Alunno del 1461. Poco oltre la catena che divide Porta Chiusa dal Terziere Mezota, sulla destra appare la chiesa principale del paese, S. Maria Maggiore, nota già nell’XI sec. ma terminata nel 1285 (dal XII sec. è Collegiata). L’intervento seicentesco (1644) ne ha allungato il corpo originario e sostituito la facciata che conserva nel portale i fregi romanici. L’interno è una vera galleria d’arte, a cominciare dalla Cappella Baglioni affrescata nel 1501 dal Pintoricchio, pittore umbro celebre per il suo senso decorativo, festoso e cortese: sulle pareti sono rappresentate le scene dell’Annunciazione, della Natività, della Disputa di Gesù coi Dottori, mentre nelle vele della crociera compaiono le figure di quattro Sibille. A destra, nella cornice architettonica dipinta, c’è l’autoritratto del pittore. Sempre del Pintoricchio c’è una meravigliosa Madonna con Bambino che si aggiunge ad altri affreschi, opera della sua scuola. E abbiamo inoltre due affreschi del Perugino sui terminali del coro ligneo (1520). Il pavimento in maiolica di Deruta è cinquecentesco. Attiguo alla chiesa, Palazzo dei Canonici ospita la Pinacoteca Civica. Tra gli odori della buona cucina e i profumi dei balconi fioriti giungiamo alla chiesa romanica S. Andrea, di cui si ammirano la ghiera a treccia del portale e l’altare trecentesco, oltre agli affreschi del Quattrocento e alla tavola dipinta da Pintoricchio con i suoi aiutanti (Madonna con Bambino e Santi, 1508). Al cuore della città si arriva da Via Cavour dove sono concentrate le più antiche botteghe ricche dei prodotti locali. Eccoci quindi in Piazza della Repubblica, un po’ frammentaria a causa delle molte manomissioni, che hanno coinvolto anche il Palazzo Comunale. La parte originaria del XIII sec. corrisponde al loggiato di sinistra ad archi ogivali, cui si appoggia la fontana cinquecentesca di Papa Giulio III. Nel Palazzo si conserva un importante reperto romano, il Rescritto di Costantino (330 circa d. C.) che concedeva privilegi alla città. Il lato lungo della piazza è chiuso dalla Rocca Baglioni (1358) trasformata in residenza di famiglia da Adriano Baglioni a partire dal 1572. A lui si deve l’assetto “moderno” della piazza che sul finire del XVI sec. assume sembianze rinascimentali sul tipo delle “città ideali” allora in voga. In piazza merita uno sguardo anche la piccola Chiesa di S. Filippo, opera settecentesca del Piermarini. Da Via Garibaldi, passando accanto a Palazzo Cruciani (XVII-XVIII sec.), il maggiore edificio privato, oggi sede del Comune, si arriva a Piazza Mazzini, dove sorge la seconda Collegiata, San Lorenzo, edificata nel XII sec. e poi trasformata nel 1540. Anche qui troviamo opere notevoli, come la settecentesca Cappella del Sacramento, forse del Piermarini, e le tarsie cinquecentesche del coro. A Via Giulia termina il Terziere Mezota e inizia la passeggiata verso la parte alta del paese attraverso il Terziere Pusterola. Sull’incrocio con Via Arco di Augusto si notano i resti di Porta Romana, che si apriva lungo la cinta augustea. Oltre il Teatro Civico Subasio di fine Settecento, si percorre l’arteria principale della parte nord del paese, Via Giulia, con i suoi scorci, le piazzette e vicoletti deliziosi come Via Fontanello e Borgo del Teatro. La passeggiata prosegue fino all’Oratorio di S. Biagio, sede di un ospedale retto da laici (1430). Al termine della via, chiusa dalle mura trecentesche, s’inserisce il Complesso delle Clarisse (chiesa e convento, 1320). La breve salita di Via Cappuccini immette, attraverso ciò che resta dell’antica Porta dell’Arce, nella parte più alta di Spello, chiamata il Belvedere. Grandi blocchi di pietra appartenenti a edifici romani testimoniano la storia millenaria del luogo. Costeggiati i muri del Convento dei Cappuccini, si scende per la ripida Via Torre di Belvedere verso S. Martino, edificio di culto di origine romanica (XII sec.), e ci ritroviamo al Terziere di Mezota. Resta da percorrere Via delle Mura Vecchie per giungere alla monumentale Porta Venere, di età augustea, la cui elegante struttura a tre fornici è esaltata dalle Torri di Properzio, dedicate al poeta latino di cui Spello si contende i natali con Assisi, ma che probabilmente non sono romane bensì ma del XII sec. Da qui si esce dalla cinta muraria romana e si raggiungono i resti dell’Anfiteatro Romano (I secolo d.C.) e la Chiesa di S. Claudio, che ha mantenuto intatti i puri e primitivi caratteri romanici dettati dalla sobrietà francescana. Percorrendo all’esterno il tratto delle Mura Augustee ritorniamo a Porta Consolare, dove era iniziato il nostro itinerario. Abbiamo ancora negli occhi l’incanto di stradine quali Via Porta Chiusa, Via Borgo della Fortezza, Via S. Ercolano, dove batte forte il cuore dell’Umbria – e dell’Italia – più bella.