Il monte S. Biagio non è una montagna molto alta. Anzi, con i suoi 623 metri sul livello del mare, geograficamente parlando è poco più di una collina. Ma, sebbene le montagne che lo circondano lo superino, esse non possono che fargli da corona, perché il monte racchiude e custodisce tutti i simboli ed i tesori della cittadina di Maratea: la sua bellezza, la sua storia e la sua arte.
Come tutte le montagne circostanti, il monte S. Biagio presenta il versante meridionale brullo e roccioso, perché arso dal sole, mentre quello opposto, più ombreggiato, è coperto da un bellissimo bosco di carpini, che abbraccia il centro storico della cittadina. La cima, che svetta quasi perfettamente nel mezzo della costiera, è un impareggiabile punto panoramico naturale sullo splendido mare di Maratea.
Tradizione vuole che secoli fa si chiamasse monte Minerva, per esservi stato un tempio pagano dedicato alla dea della sapienza, e ricerche archeologiche hanno confermato tracce di presenze umane sulla montagna in età romana. Nell’alto medioevo la cima divenne il rifugio della popolazione che viveva nel territorio sottostante, che vi formò l’abitato dell’antica Maratea, chiamato popolarmente «Castello» perché fortificato con una cinta di mura bastionate – un cui tratto ancora esiste, restaurato, al limitare del bosco – aperta con due porte.
Le case dell’antico abitato, di cui oggi rimangono le evocative rovine, avevano caratteristicamente ogni vano di un quarto più piccolo del consueto, onde economizzare lo spazio limitato a disposizione e lenire la dispersione del calore. Eccezione era il grande Palazzo Ventapane, edificio di oltre trenta vani, di cui rimangono la loggia esagonale e le arcate.
Sulla cima del monte trovarono rifugio anche le sacre reliquie di S. Biagio, giunte dall’Armenia, ed il santo fu eletto protettore di Maratea. A S. Biagio fu dedicato il santuario sorto riadattando il tempio di Minerva al culto cristiano. Ingrandito e decorato nel corso dei secoli, nel XVII secolo venne abbellito con altari in marmi policromi e con la cappella barocca, in marmo, che ospita le reliquie e la statua del santo, e nel secolo successivo venne costruita la facciata a tre arcate. Il culto di S. Biagio si espanse presto anche ai paesi vicini, e il monte divenne meta di pellegrinaggi. Nel 1940 l’importanza assunta dal santuario fu riconosciuta anche dal papa Pio XII, che gli concesse il titolo di Basilica Pontificia.
Di fronte al santuario, esattamente sul punto più alto del monte, si alza la colossale Statua del Redentore, realizzata, in un impasto di cemento e marmo di Carrara, dall’artista Bruno Innocenti tra il 1963 e il 1965. Il grande Cristo, alto circa 22 metri, ha un aspetto vistosamente differente dalla classica iconografia di Gesù, ed assomiglia più, nella sua candida veste marmorea, ad uno degli dei greci adorati da quelli che furono i primi abitanti della terra marateota. Nella statua, simbolo e vanto di Maratea, passato e futuro si coniugano in un presente di pacato raccoglimento e di contemplazione della straordinaria bellezza che la natura, con singolare generosità, ha concesso a questo angolo di Lucania.
(Testo a cura di Luca Luongo)