Castellare sei miglia a tramontana di Bibbiena situato sopra un dirupato sprone dell’alpe di Serra prolungamento del monte Cotozzo, dove confluiscono i fossi di Camaldoli e Prataglia, ebbe origine nel 1188 e fu edificato da Amadeo Vescovo di Arezzo come riportato nell’atto precedente. Il presumibile motivo della sua origine è da riscontrare nella sua posizione dominante del luogo e la vicinanza al crocevia delle strade che conducono l’una a Camaldoli e l’altra alla badia di Prataglia (per proseguire poi verso Corezzo, nel qual luogo questa strada si innestava in quella che conduceva in Romagna). Il castello di Serravalle, infatti, doveva servire come sentinella per salvaguardare, da possibili sorprese provenienti da Sud, sia l’abbazia di Prataglia sia i beni che essa possedeva nei dintorni, contrastando l’avanzata e la potenza della congregazione camaldolese. Ma forse il motivo affiorerà più esplicito e chiaro inquadrando quel periodo storico nel suo vero contesto. Camaldoli era stato costruita nel 1012 dopo la costruzione della badia di Prataglia e tale congregazione benedettina degli eremiti camaldolesi aveva incontrato un largo fervore con adesione di migliaia di giovani, nascita di centinaia di eremi, case monasteriali e fattorie con espansione dei suoi possessi a macchia d’olio in Toscana, in particolare nell’aretino e fiorentino. L’ordine camaldolese si mantenne costantemente fedele alla chiesa contro Federico Barbarossa ed i suoi successori ed i suoi abati non presero parte, salvo casi sporadici, alle elezioni di antipapi. Nel 1157 i camaldolesi avevano ottenuto la sottomissione della badia di Prataglia alla loro congregazione, ma i monaci prataliensi male avevano accolto la decisione di Papa Pasquale II e continuarono per moltissimi anni ad osteggiare tale decisione, con l’impedire l’imposizione di un camaldolese alla carica di abate, col seguire nella ufficiatura riti ed usanze diverse da quelle dei vicini eremiti. Comparendo nella scena italiana il Barbarossa, provocò uno scisma nella chiesa, a cui aderirono alcuni ordini e congregazioni. E’ naturale che la Badia di Prataglia approfittasse del disorientamento generale del clero e aderisse allo scisma a cui aveva anche aderito il Vescovo di Arezzo, ghibellino, cercando di svincolarsi dalla disciplina romualdina, impostale con la bolla del 14 giugno 1157. Alterne sono le vicende del feudo di Serravalle dopo la metà del secolo XIII. Morto Amadeo, il Vescovo Guglielmo Umbertini, di lui successore, dette il feudo all’abate di Prataglia Guglielmo, che si obbligò a pagargli annualmente ventisette denari per ogni focolare. Tale sudditanza è rilevata in due istrumenti: il primo del 21 ottobre 1253, quando diversi coloni di Serravalle giurarono fedeltà a quell’abate e il secondo del 21 novembre 1269 col quale ventinove vassalli di Serravalle prestarono giuramento di fedeltà all’Abate di Prataglia. Nel 1305 Serravalle venne ulteriormente fortificato e venne munito ( con il concorso del vescovo Ildebrando Guidi ) di cassero e torre. L’Abate di Prataglia, affinché questo maniero fosse meglio protetto ed anche per compensare il Vescovo delle spese di costruzione, restituì il feudo allo stesso vescovo affinché ne avesse l’usufrutto per dieci anni. Passato il decennio il Vescovo Tarlati restituì nuovamente il castello ai monaci prataliensi con le stesse condizioni originarie. Le continue lotte fra Ubertini Tarlati e Guidi, che insanguinavano il Casentino nel ‘300, indussero i monaci di Prataglia poco dopo la metà di questo secolo, a cedere in accomandigia per dieci anni il castello di Serravalle con quello di Frassineta ad Azzone degli Ubertini, fratello del Vescovo Boso e comandante delle truppe fiorentine alla conquista di Bibbiena nel 1360. Lo fecero credendo di salvaguardare i loro beni dalla continua azione di guerriglia cui erano sottoposti tutti i feudi del basso Casentino che non appartenessero a qualcuna di queste famiglie, che sembravano appartenessero a qualcuna di queste famiglie, che sembravano trovarsi d’accordo nel predare e spogliare i beni altrui, salvo poi scontrarsi e spogliarsi a vicenda. Ma il potente Azzone non mantenne gli accordi, non riconsegnò il castello ma anzi lo cedette al nipote Andreino di Biordo, non senza averlo prima rinforzato e dotato di un maggior numero di armati destinati al suo presidio. Nel 1404, però, la repubblica fiorentina spedì in Casentino 500 soldati al comando di Giacomo d’Alamanno Salviati, che riuscì a dominare i bellicosi Ubertini ed i Guidi di Bagno, facendoli sloggiare da oltre trenta castelli, tra cui quello di Serravalle. Gli abitanti chiesero spontaneamente la protezione di Firenze e nei “capitoli” c’è scritto che ciò facevano perché da Arezzo non avevano avuto buon governo. Tra le varie condizioni una stabiliva che avrebbero ricevuto dalla repubblica fiorentina, per cinque anni, venti staia di sale a L.3 e soldi 15 lo staio, più soldi 2 per lira di aumento, con divieto di comprare e tenere sale. Da allora il feudo di Serravalle fu aggregato alla podesteria di Bibbiena sotto l’egemonia della repubblica fiorentina, quindi passò ai Medici ed ai Lorena granduchi di toscana e finalmente allo stato italiano. CRONACA DEGLI ULTIMI DUE SECOLI Nel 1833, Serravalle contava 451 abitanti mentre nel 1865 erano saliti a 584. Nel 1884, per merito del camaldolese Giovanni Gualberto Basagnini fu eretto il convento delle suore francescane elisabettiane che si dedicarono all’educazione civile e morale delle giovani. Nel 1895 fu edificata anche l’elegante cappellina in stile gotico. La strada attuale fu costruia dal 1901 al 1903. Sulla cima del colle di Serravalle sorge una moderna chiesa in stile romanico, fatta costruire con pietra serena del luogo e a proprie spese da un mecenate italo-americano, Egisto Paolo Fabbri, architetto, amante delle arti, artista egli stesso, il quale, dopo aver beneficato il paese si convertì, lui protestante,alla religione cattolica.. Tra le istituzioni del paese vi è quella delle suore Mantellate, le quali insegnano la musica coll’originale metodo ideato dall’americana Justine B. Ward (anch’esso divulgato in Italia per merito del Fabbri), per mezzo del quale anche i bambini delle elementari apprendono attivamente la musica, fino a raggiungere la capacità, col minimo sforzo, di eseguire brani musicali, oltre che comporre essi stessi di loro invenzione. Di qui i successi conseguiti in campo nazionale dal coro delle scuole elementari, di qui la fama della “ Schola Cantorum” di Serravalle, una delle migliori e più note. Primo premio ai concorsi nazionali indetti dalla RAI nel 1953 e nel 19555 per bambini delle elementari. Ma se i posteri sono grati a Egisto Paolo Fabbri per il suo filantropismo e il suo amore per la diffusione del canto gregoriano, non certamente lo furono i contemporanei. Egli, educato in America secondo i principi umani e tolleranti, da uomo colto e sensibile qual era si sentiva profondamente libero e non poteva consentire con le teorie e gli uomini che allora reggevano le sorti d’Italia. Pur avendo evitato di trovarsi in contrasto con il regime facscista, non era sfuggito il suo atteggiamento indipendente, distaccato, signorile che in più di una occasione aveva suscitato nei gerarchetti locali un certo risentimento unito ad una certa apprensione per la popolarità che il Fabbri aveva suscitato nella popolazione con il suo filantropismo : furono seminate calunnie, accuse sciocche ed inconsistenti che provocarono nel paese discussioni accese dell’una e dell’altra schiera: A serravlle tutt’oggi i bambini scrivono musica e la eseguono con la stessa facilità con cui leggono e scrivono, inventando nenie e ritmi che, per essere di schietto sapore infantile, non sono meno belle ed interessanti, eseguono brani in coro a più voci anche se presentano difficoltà lievi. Questo paesino montano continua ad onorare la memoria di Egisto Paolo Fabbri in maniera che non potrebbe esssere più degna e migliore di come egli avrebbe voluto se avesse continuato a vivere lassù tra quella gente schietta e laboriosa. Nativo di Serravalle è un illustre teologo, di umili natali, che vestì l’abito dei padri domenicani e fu per molti anni maestro dei sacri palazzi apostolici nella Città del Vaticano, il padre Mariano Cordovani, deceduto il 5 agosto 1950 a Roma, le cui spoglie mortali riposano nella chiesa parrocchiale del paese. A rappresentare il Pontefice Pio XII, il giorno dell’inumazione, il 29 settembre 1952, venne l’allora arcivescovo pro-segretario di Stato Mons. Giovanni Battista Montini, futuro papa Paolo VI, che in quella occasione soggiornò all’Eremo di Camaldoli. Soggiornò a Serravalle anche 2l’immaginifico” Gabriele D’Annunzio, ospite dell’Avv; Eugenio Coselschi nella sua villa dal bellissimo giardino. Gabriele D’Annunzio ne rimase ammirato e la battezzò col nome di Archianella scrivendo per essa due versi che sono scolpiti fuori dell’entrata principale : “Clarescit aethere claro – Ascensu levior” che sì bene si adattano alla impressione che il corpo e il pensiero provano nella libera e fresca serenità di questi bei monti. (Si schiara nell’aria chiara ; si fa più leggero salendo). L’Archianella oltre Gabriele D’Annunzio, ha ospitato S.A.R. il principe Ereditario, S.A.R. il Duca di Pistoia, S.E. il Cardinale Vannutelli, S.E. Mussolini,S.E. il Ministro Giurati e, S.E. il Ministro Fedele, S.E. l’On. Balbo, S.E. l’On. Bodrero e altre personalità. A Serravalle, oltre alla grande ed artistica Villa dell’Archianella, vi sono altre ville piccole ma graziose, eleganti e civettuole. Una componente eesenziale è l’Istituto “Villaggio della Consolata”, nato per l’iniziativa di D. Dino Cedioli nel 1954. Inizialmente destinato al recupero di ragazzi con problemi di diversa natura e attualmento condotto da un gruppo di operatori sensibili al problema, sta per intraprendere una nuova attività assistenziale a favore di anziani anche non autosufficienti. Visione contemporanea di Serravalle Serravalle si sviluppa in leggera curva nel senso della larghezza del monte e ad ovest si stacca dal folto bosco di Camaldoli per protendersi verso la luce, avanzandosi ardita nella verde conca casentinese, presentando così all’occhio dell’osservatore uno dei più bei panorami del nostro Casentino. Serravalle, è una caratteristica stazione climatica del Casentino. Ai lati, a breve distanza, le stanno Camaldoli e Badia Prataglia ; la prima invita al fresco nell’alta valle del monte, rivestita da vetusti abeti e l’altra si adagia graziosamente sul più leggero declivio dell’alpe di Serra. Serravalle invece, dalla sua prominenza dello sprone montano, par che inviti a godere il sole, la luce e l’aria fresca, mossa dalla tramontana che, profumata di resine, su di lei discende dall’Eremo Camaldolese. Parlare di Serravalle in Casentino, dei suoi boschi di castagni, delle sue abetine ombrose, della sua ospitalità, della sua aria tersa e pura può apparire ingenuo, specialmente oggi che l’alto Casentino è divenuto la meta preferita per i possessori di auto, che la scelgono come meta nei loro week-end. Serravalle è troppo nota come stazione climatica perchè se ne tracci un profilo per decantare i vantaggi di un soggiorno capace di ritemprare le energie depauperate nel turbine faticoso della vita. Oggi Serravalle è un grazioso paese, la cui vista dal basso invita i turisti a raggiungerlo per godere il meraviglioso panorama ; la parte nuova è costruita a villette e alberghi che d’estate si riempiono di gente desiderosa di godervi la pace dei boschi e l’aria saluberrima. Oggi Serravalle è una quieta stazione climatica, adattissima per chi desidera riposarsi veramente e non stancarsi dietro mille attrazioni, come succede spesso a molti villeggianti che, tornando dalle ferie, sono più stanchi di quando sono partiti. Questo grazioso paesino montano dispone di alcuni elementi di prim’ordine : l’essere appartato, anzi isolato, lontano dai centri e dalle strade di grande traffico, con aria buona, acque pure, verde, silenzio.